La nuova Galleria dei Re progettata da OMA nel museo Egizio di Torino (2024)

La nuova Galleria dei Re progettata da OMA nel museo Egizio di Torino (1)

Duecento anni e non sentirli. In occasione del bicentenario del Museo Egizio di Torino, è stato svelato il nuovo allestimento della Galleria dei Re, completamente ripensata dallo studio OMA con Andrea Tabocchini Architecture. Il completamento della galleria rappresenta la prima fase di un importante progetto di trasformazione del museo che proseguirà per tutto il prossimo anno, con la riqualificazione dellaPiazza Egizia, seguita sempre da OMA con Guendalina Salimei di T-Studio.

È un percorso che dall’oscurità alla luce quello che il team guidato da David Gianotten e lo studio ATA hanno progettato per le due sale che ospitano una collezione di statue colossali provenienti dall’antica città di Tebe, oggi conosciuta come Luxor.

Dall’ingresso buio, dove proiezioni digitali sulle pareti raffigurano la storia del tempio di Karnak (il luogo di origine delle opere), si acceda alle sale dove, lavorando sull’architettura originale del XVII secolo, sono stati riportate a vista le volte originali e le ampie finestre.

In dialogo con la città di Torino, lo spazio così ottenuto guadagna luminosità e ariosità, restituendo all’architettura un ruolo attivo nell’allestimento che si muove in direzione opposta rispetto a quello ‘a scatola nera’ pensato nel 2006 dallo scenografo Dante Ferretti. Una sensazione che viene amplificata dalla scelta di rivestire le pareti con una serie di pannelli in alluminio che riflettono sia le opere esposte che il passaggio dei visitatori, aggiungendo profondità allo spazio.

La nuova Galleria dei Re progettata da OMA nel museo Egizio di Torino (2)

Più vicine al pavimento e quindi al pubblico, le statue sono sorrette da una base in acciaio il cui rivestimento graniglia all’occorrenza può essere aperto per facilitare gli spostamenti, prima molto onerosi e complicati.

La disposizione evoca il contesto originario a Tebe. Nella prima sala, le due sfingi che si fronteggiano sono affiancate da statue della dea Sekhmet, ricordando gli spazi esterni del tempio. L’imponente figura di Seti II segna il passaggio alla seconda sala, dove troviamo statue di re e divinità come Amenhotep II e Ramesse II, originariamente ospitate all’interno di Karnak.

La nuova Galleria dei Re progettata da OMA nel museo Egizio di Torino (3)
Abbiamo chiesto a David Gianotten qual è la più grande differenza tra il modo in cui i musei venivano progettati in passato e oggi. «Ci sono state diverse fasi», risponde l’architetto, managing partner dello studio OMA. «Se per passato intendiamo 200 anni fa, come in questo caso, il progetto di un museo prevedeva che l’edificio fosse semplicemente un edificio e non interagisse con le opere. I manufatti erano posizionati in modo molto neutro l’uno accanto all’altro, una guida raccontava una storia e questo era tutto».

«Quando la curatela è diventata una parte importante della progettazione del museo, l’attenzione si è spostata sull’idea di raccontare storie ma questo veniva fatto per lo più attraverso le opere e senza mezzi di supporto; al giorno d’oggi la narrazione di storie diverse è ancora molto importante ma lo è anche l’esperienza del luogo che è diventata più immersiva. Così l’architettura, dall’essere semplicemente uno sfondo, è entrata a far parte della mostra stessa. Qui, per esempio, la luce del giorno o l’idea dei riflessi fanno sì che le statue siano posizionate in modo che le scelte curatoriali e lo storytelling siano rafforzate dal modo in cui sono esposte. E questo probabilmente cambierà ancora in futuro».

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E se per questa sala la fruizione delle opere resta volutamente priva di distrazioni, l’esperienza immersiva sarà portata decisamente più in là quando il progetto per la Piazza Egizia sarà terminato. «Questo spazio all’interno del museo diventerà una vera e propria sala con schermi in alto, in basso e ai lati, dove si potranno proiettare immagini dell’antico Egitto in modo che il visitatore avrà davvero la sensazione di trovarsi in quel tempo grazie alle tecnologie».

Qualcosa di molto diverso da quello che avviene nella Galleria dei Re. «Qui, in accordo con i committenti, non volevamo che la tecnologia fosse troppo presente perché queste statue sono testimonianze estremamente importanti e rare. Inserirle in un contesto tecnologico avrebbe rischiato di metterle in secondo piano e di cancellare i dettagli che invece sono stati valorizzati. Penso che sia bello poter sperimentare in un certo senso un modo antico, più analogico, di vivere l’esperienza».

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